L’amico Macaulay «Con lui sognavi, mai subito abusi»

di Giovanna Grassi 27 giugno 2009

Erano amici e lo sono rimasti sempre, due star che da bambini, con tutti i traumi, gli entusiasmi e le pressioni che questo significava, avevano avuto tanto. Entrambi, poi, negli alti e bassi della carriera e della vita da star, sembravano aver perso tutto, o quasi. «Ma non Michael — puntualizza, essenziale nelle parole, Macaulay Culkin, il bimbo di Mamma ho perso l’aereo, oggi ventottenne — perché la musica e il suo lavoro erano davvero tanto per lui, rappresentavano, come il rapporto con i figli che semplicemente adorava, la sua ancora e i suoi sogni. Era sempre pronto a inventare le parole di un motivo o a creare un passo di danza e aveva tanti interessi e passioni. Una volta acquistò quasi per intero una libreria di cinema e musica per salvare dalla dispersione i libri, ma di queste cose tanti non sapevano, non parlavano. Non ci sentivamo spesso, ma c’eravamo, l’uno per l’altro, ormai da tanti anni. Non ho bisogno di unirmi a chi oggi parla di lui, dopo che sono state scritte e dette tante assurdità, come di un “gigante della musica e di un uomo generoso”. Io ho conosciuto e sempre apprezzato il vero, fragile e forte Michael Jackson». Macaulay difese Michael al famoso processo per presunti (e poi mai verificati) atti illeciti su minorenni. Disse: «Sì, sono stato tante volte a Neverland, ho anche dormito lì, ma non ho mai subito abusi di alcun tipo». Oggi ricorda: «Ho camminato, sognato, giocato, fantasticato con lui e, dopo, mi ha sempre aiutato a riscoprire me stesso, a trovare il piacere delle musica, della recitazione, dello scrivere, senza badare troppo al successo, alla carriera. Provo molta tristezza e solitudine all’idea che se ne sia andato con il cuore spezzato per tante cose anche se restava sempre il grande Michael e mai un “freak”, parola orribile per un uomo pieno di estro come lui, che continuamente si reinventava insieme alla sua musica, in quella che tanti anni fa definiva “una vita storta”.

Lo faceva anche per superare se stesso, per essere tutto ciò che sentiva di essere in tante forme, alla ricerca di una sua idea, di una sua armonia, mai relegate in un ghetto di cui rompeva sempre certe regole. Voleva parlare come un uomo e un bambino ad adulti e ragazzini». Considera Macaulay, che è anche il padrino del primo figlio dell’amico: «Io ho ricominciato ad essere bambino, a volere cose diverse, come scrivere e sognare senza condizionamenti da star, solo da adulto. Lo stesso è accaduto a Michael. In chi vive questo strano e difficile processo c’è come un desiderio di amore, di realizzazione dei propri sogni, di autentico interesse per il mondo infantile. No, non voglio unirmi al coro che solo oggi rilegge la vita e l’arte di Michael. Io ho conosciuto, e ne sono felice, l’uomo e il bambino, quindi il talento vero e la generosità creativa di entrambi».

Fonte: www.corriere.it